Devitalizzazione dentale
- Ciobanu Galina
- 14 nov 2024
- Tempo di lettura: 5 min
Aggiornamento: 18 nov 2024
Molte persone sperano sempre di non dover arrivare mai a sedersi sulla poltrona del dentista; paradossalmente, invece, il miglior modo per prevenire interventi più invasivi è proprio quello di effettuare controlli periodici anche solo per valutare la situazione della propria bocca. La Dental Implant House , a questo scopo, garantisce l’assistenza e il supporto ai propri pazienti grazie a un team di professionisti del settore che sono in grado di individuare anche il minimo disturbo presente nel cavo orale e porvi rimedio.
Devitalizzazione per un denti
La devitalizzazione di un dente rientra in una delle branche più importanti dell’odontoiatria, ossia l’endodonzia, settore che si occupa della chirurgia dentale e delle componenti anatomiche ubicate all’interno del dente.
Nello specifico, la devitalizzazione non è altro che un intervento indolore che si rende necessario per trattare le infezioni a carico del dente, causate principalmente dalle colonie di batteri infiltratisi negli spazi interdentali e moltiplicatisi a causa di traumi, invecchiamento o presenza di carie.
Tuttavia, prima di addentrarci nella descrizione più approfondita di tale pratica chirurgica, è necessario fornire qualche cenno di anatomia, in modo tale da spiegare l’esatta composizione del dente umano e dei distretti anatomici che lo interessano. Immergiamoci subito!
Cenni di anatomia del dente
Il dente è una struttura ossea composta da più strati e da più componenti che si trovano a diversi livelli di profondità e che svolgono una funzione ben precisa.
Il dente è formato da:
la corona, ossia la parte superiore e più superficiale del dente, facilmente visibile dall’esterno
la radice, sezione più interna del dente, la quale si ancora all’osso e alla mascella per tenere il dente nella sua corretta e salda posizione
lo smalto, ovvero il duro rivestimento esterno del dente, responsabile della sua protezione da urti, graffi o traumi di variabile entità
la dentina, materiale morbido che, insieme allo smalto, forma la parte superficiale del dente
il cemento, materiale che riveste la superficie della radice
la polpa dentale, tessuto interno che costituisce il vero e proprio cuore del dente
Devitalizzazione dentale: perché si rende necessaria
La devitalizzazione è un intervento che diviene fondamentale qualora la polpa dentale si infiammi o si infetti, a causa dell’insorgenza di carie profonda o di dente scheggiato o rotto.
Nella maggior parte dei casi, i traumi che colpiscono un dente possono danneggiare la polpa anche senza procurare danni visibili dall’esterno: in questo modo l’infiammazione progredisce in sordina e sotto traccia, causando dolore e infezione, sino a procurare un vero e proprio ascesso dentale.
Prima di intervenire chirurgicamente mediante devitalizzazione, è necessario che l’odontoiatra proceda con lo svolgimento di specifici esami, come le radiografie o le panoramiche dentali, al fine di valutare accuratamente la situazione del cavo orale del paziente mediante l’impiego di raggi X, in modo tale da evidenziare eventuali segni di carie in corso, di ascessi o di scheggiature dentali per poi intervenire tempestivamente per evitare la necrosi del dente colpito.

L’infezione, nonché l’infiammazione alla polpa, è caratterizzata un dolore intenso durante la masticazione o quando si consuma una bevanda troppo calda o troppo fredda.
Nonostante l’infezione proceda, i sintomi potrebbero svanire improvvisamente: questo, purtroppo, non è un segnale di guarigione, ma sta a significare che l’infezione sta raggiungendo il canale radicolare. Successivamente possono comparire gonfiore alla gengiva, accumulo e perdita di pus, gonfiore della porzione di viso associata all’arcata dentale alla quale appartiene il dente colpito, nonché il cambiamento di pigmentazione del dente stesso.
Pertanto, è di fondamentale importanza rivolgersi al proprio dentista di fiducia qualora si inizino a riscontrare tali sintomi, specialmente se di moderata intensità, al fine di instaurare la corretta terapia di risoluzione del problema.
Vediamo di seguito quali sono le esatte modalità con le quali avviene una devitalizzazione dentale.
Devitalizzazione: come avviene
La devitalizzazione è un intervento che si articola in più fasi: esiste innanzitutto una fase preparatoria che include lo svolgimento di esami specifici per capire quando un dente è da togliere, come la radiografia dentale, per individuare la specifica causa che sta portando alla necrosi del dente.
L’intervento inizia somministrando al paziente una buona dose di anestesia, iniettata direttamente nella gengiva al fine di addormentare l’intera sezione del cavo orale oggetto della devitalizzazione.
Una volta anestetizzato il dente e la gengiva, l’endodontista procede con l’applicazione di un piccolo foglio di gomma, denominato diga, che serve per isolare il dente dalla saliva, in modo tale da scongiurare l’ingestione accidentale delle sostanze che verranno impiegate durante l’intervento.
Viene quindi incisa la corona del dente per creare un accesso alla polpa, la quale verrà rimossa interamente tramite l’utilizzo di piccolissimi strumenti chirurgici; nel caso in cui il dentista dovesse trovare materiale purulento, procederà con il suo drenaggio per pulire a fondo il dente e per eliminare completamente l’ascesso.
Dopo la rimozione della polpa, si procede all’allargamento del canale al fine di agevolare il riempimento dello stesso durante le successive fasi. Tale step dell’intervento potrebbe richiedere diverse ore: pertanto, in molti casi, la devitalizzazione potrebbe essere svolta in più sedute alternate all’assunzione di medicinali antibiotici o antinfiammatori nel canale creato, in modo tale da impedire la nuova formazione di pus e la conseguente proliferazione batterica.
La seduta successiva si incentrerà sul riempimento del canale attraverso un materiale biocompatibile, con la contemporanea rimozione del medicinale precedentemente inserito al suo interno; a questo punto, nella maggior parte dei casi, l’apertura viene chiusa temporaneamente mediante un’otturazione.
L’ultima seduta di devitalizzazione consiste nella ricostruzione della corona e nell’applicazione di metallo o porcellana, materiale ceramico e vetro rinforzato per creare una vera e propria otturazione definitiva.
L’ultimo step della devitalizzazione corrisponde alla fase di convalescenza dall’intervento, che avviene nel rispetto di alcuni accorgimenti che toccano la vita quotidiana del paziente: ad esempio, gli verrà raccomandato dal dentista di non masticare dalla parte del dente operato per non compromettere la nuova struttura dentale creata.
Inoltre, il paziente dovrà impegnarsi nello svolgimento di una corretta e regolare igiene orale quotidiana e di una pulizia dei denti approfondita a cadenza annuale, nel ridurre l’assunzione di alimenti dolci o eccessivamente zuccherati e nell’eliminazione del vizio del fumo.
Devitalizzazione: i risultati dell’intervento
Si può tranquillamente sostenere che la devitalizzazione non è altro che un intervento chirurgico risolutivo e assolutamente efficace: in linea generale, essa permette di salvare il dente eliminando alla radice l’infezione.
I dati appartenenti alla letteratura medica confermano che il 90% dei denti trattati mediante una devitalizzazione può avere una vita di circa 10 anni prima di essere sostituiti, ma in alcuni casi possono rappresentare la soluzione definitiva.
Ovviamente, tale parametro sarà influenzato dall’igiene orale del paziente, dalla forza di masticazione impressa durante i pasti e dal numero di denti naturali presenti nel cavo orale.
Inoltre, la devitalizzazione è un trattamento chirurgico che può essere ripetuto in caso di recidiva o qualora lo stato di salute di un altro dente lo richieda.
È un trattamento che può essere indirizzato a qualunque tipologia di paziente, anche alle donne incinte, alle quali si presterà un grado di attenzione maggiore specialmente in fase di diagnostica: nel loro caso, infatti, la panoramica dentale che utilizza i raggi X come funzionamento base verrà effettuata mediante l’ausilio di un grembiule di piombo per proteggere il feto dall’esposizione prolungata alle radiazioni, le quali potrebbero avere effetti sul suo patrimonio genetico.
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